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Come esportare in Marocco: guida pratica per aziende italiane

9/6/2025

 
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​Il Marocco è da anni uno dei partner strategici più affidabili per l’Italia nel Nord Africa.
Economia in crescita, stabilità politica, incentivi agli investimenti e una posizione logistica perfetta tra Europa e Africa fanno del Marocco una meta privilegiata per l’export delle PMI italiane.
Esportare in Marocco oggi è una grande opportunità per le imprese manifatturiere, sia nel B2B che nei settori legati all’edilizia, alla trasformazione industriale, al consumo e all’energia.

Perché esportare in Marocco?
  • Accordi preferenziali con l’UE: grazie all’Accordo di Associazione UE-Marocco, molti prodotti godono di esenzione daziaria
  • Mercato stabile e in crescita, con buoni indici di apertura economica
  • Prossimità geografica: logistica semplice via nave e via terra
  • Domanda crescente di tecnologia, qualità, design e sostenibilità
  • Forte presenza italiana in settori come energia, meccanica, moda, agroindustria e logistica

Cosa serve per esportare in Marocco?
L’export italiano verso il Marocco è semplificato dagli accordi doganali, ma occorre rispettare la normativa locale.
Documenti fondamentali:
  • Fattura commerciale dettagliata (in francese o inglese)
  • Packing list
  • Certificato di origine EUR.1, per usufruire della preferenza doganale
  • Eventuali certificazioni tecniche o sanitarie, in base alla merce (es. per alimenti, cosmetici, medicali)
  • Etichettatura in francese per molte categorie (inclusi cosmetici e alimentari)
  • Coerenza con le regole di origine dell’accordo UE-Marocco

Settori dove i prodotti italiani sono richiesti
Il Made in Italy in Marocco è sinonimo di qualità e solidità. I settori in maggiore espansione sono:
  • Meccanica e impianti industriali
  • Packaging e tecnologie per l’agroalimentare
  • Materiali per edilizia, impiantistica, ceramiche, serramenti
  • Arredo e illuminazione contract (alberghi, uffici, hospitality)
  • Cosmetica e prodotti per la cura personale
  • Alimentare premium (olio, conserve, prodotti bio, ingredienti italiani)
  • Automotive e componentistica
  • Rinnovabili, smart tech, energie alternative

Aspetti culturali da tenere in considerazione
Il Marocco è un Paese musulmano moderato, abituato ai contatti internazionali, ma con usanze e ritmi da conoscere e rispettare.

Stile di relazione
  • Le relazioni personali contano molto: presentati con garbo e puntualità, ma non avere fretta
  • Una stretta di mano decisa e un saluto cordiale sono il primo passo
  • I titoli e la formalità iniziale sono apprezzati: “Monsieur”, “Madame”, “Ingénieur”

Ritmi e negoziazione
  • La trattativa è spesso lenta e articolata, anche se cordiale
  • La contrattazione è parte del processo: prevedi margine nei prezzi iniziali
  • Meglio parlare con chi prende decisioni direttamente

Contratti e pagamenti
  • Formalizza sempre gli accordi con documenti scritti
  • I pagamenti più diffusi sono: bonifico anticipato, lettera di credito (L/C), o incasso documentario
  • Attenzione alle scadenze di pagamento: in alcuni casi serve insistere con diplomazia

Come entrare nel mercato marocchino
Hai diverse opzioni:
  1. Distributore locale: utile per beni di consumo e settori regolamentati
  2. Agente commerciale: per chi desidera gestire direttamente il cliente finale
  3. Fiere locali e B2B event: es. SIB (edilizia), Marocotel (arredo e horeca), SIAM (agroindustria)
  4. Partnership con imprese già presenti (es. italiane in Tunisia o Spagna che lavorano con il Marocco)
  5. Azioni digital export: LinkedIn, email in francese, piattaforme B2B

Conclusione
Il Marocco rappresenta un ponte naturale tra Europa, Africa e Medio Oriente.
Per un’impresa manifatturiera italiana, esportare lì significa aprire nuovi mercati, lavorare con margini sani e costruire relazioni durature.
📩 Vuoi iniziare a esportare in Marocco?
Scrivici a [email protected]
Con il nostro Progetto Export analizziamo il potenziale dei tuoi prodotti, verifichiamo i requisiti doganali, individuiamo partner e ti aiutiamo passo dopo passo a entrare nel mercato marocchino in modo professionale.

Come esportare in Arabia Saudita

9/6/2025

 
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L’Arabia Saudita è tra i mercati più dinamici e strategici dell’area MENA (Middle East and North Africa).
Negli ultimi anni ha avviato un ambizioso processo di modernizzazione con il piano Vision 2030, che sta aprendo sempre più il paese agli investimenti e alle importazioni, anche da parte delle PMI italiane.
Esportare in Arabia Saudita è un’opportunità concreta, ma richiede una preparazione accurata, sia dal punto di vista tecnico che culturale.

Perché esportare in Arabia Saudita
  • È il più grande mercato del Golfo, con consumi in crescita e progetti infrastrutturali imponenti
  • È un paese in forte trasformazione: edilizia, turismo, moda, sanità e sostenibilità sono settori in espansione
  • Ha una forte domanda di prodotti italiani nei settori: arredo, costruzioni, cosmetica, food & beverage premium, meccanica, medicale
  • L’Italia gode di buona reputazione per affidabilità e qualità

Documentazione e requisiti per l’export
Per esportare in Arabia Saudita servono:
  • Fattura commerciale in inglese/arabo
  • Packing list dettagliata
  • Certificato di origine autenticato (generalmente tramite Camera di Commercio + Ambasciata)
  • Certificazioni SASO e SFDA, a seconda della categoria merceologica
  • Etichettatura conforme alle normative locali (lingua araba inclusa)
  • Certificato Halal per alcune categorie alimentari o cosmetiche
È obbligatorio registrare i prodotti in piattaforme locali come SABER (per certificazione di conformità) o SFDA (per food, cosmetici e dispositivi medicali).

Differenze culturali e tecniche di negoziazione
Fare affari in Arabia Saudita non è come trattare in Europa, ecco gli aspetti fondamentali da conoscere:

La relazione prima del contratto
  • I sauditi fanno affari con le persone, non solo con l’azienda
  • Serve tempo per costruire fiducia: incontri formali, inviti, scambio di favori (wasta)
  • I rapporti personali sono fondamentali: cerca un buon agente locale o un facilitatore

 Comunicazione e linguaggio
  • I sauditi usano un linguaggio indiretto e cortese: spesso non dicono “no” apertamente
  • Il “sì” può voler dire “forse”: conferma sempre con follow-up scritti
  • Occhio al tono: l’aggressività commerciale è mal vista

 Tempo e gestione delle trattative
  • Il tempo in Arabia è flessibile: non pretendere risposte immediate o puntualità “europea”
  • Le riunioni possono iniziare in ritardo o essere interrotte da telefonate o visite
  • Le trattative sono lente, lunghe e frammentate, ma richiedono costanza

Comportamenti da evitare
  • Non criticare pubblicamente
  • Evita argomenti legati a religione, politica o ruoli di genere
  • Sii sempre rispettoso nelle interazioni con donne
  • Non dare la mano per primo a una donna, attendi che sia lei eventualmente a offrirla

Stile di business
  • Preferiscono contratti scritti, chiari e dettagliati, ma il “vero” accordo è spesso il rapporto personale
  • Le decisioni sono centralizzate, ma filtrate da reti personali
  • Prevedi margini per la negoziazione: il bargaining fa parte del processo
  • I regali sono ben accetti, ma devono essere di buon gusto e senza alcol

Settori in crescita
Tra i settori dove i prodotti italiani sono particolarmente richiesti:
  • Edilizia e materiali per costruzione (prefabbricati, serramenti, rivestimenti)
  • Arredo contract, illuminazione, design italiano
  • Macchinari e impianti industriali
  • Packaging e soluzioni per l’agroindustria
  • Cosmetica Halal e prodotti per la cura personale
  • Alimenti gourmet e premium (es. olio, dolci, caffè, acqua minerale)
  • Tecnologie smart, sostenibili e medicali

Conclusione
Esportare in Arabia Saudita è una sfida, ma anche una delle migliori occasioni per le PMI italiane nei prossimi 5 anni.
Con la giusta preparazione culturale e operativa, puoi entrare in un mercato ricco, esigente, ma fedelissimo ai partner seri.
📩 Vuoi capire se i tuoi prodotti possono funzionare in Arabia Saudita?
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Con il nostro Progetto Export ti aiutiamo a verificare i requisiti, preparare la documentazione, trovare contatti affidabili e affrontare la trattativa in modo rispettoso e vincente.

Come esportare in Albania: guida pratica per aziende italiane

9/6/2025

 
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​Negli ultimi anni, l’Albania è diventata un partner commerciale sempre più interessante per l’Italia.
Geograficamente vicina, culturalmente affine, fiscalmente competitiva, è un mercato agile e in forte sviluppo, soprattutto in ambito manifatturiero, edilizio, moda, food e tecnologie.

Se sei un’impresa italiana che produce o lavora nel B2B, l’Albania può offrire un ottimo punto di partenza (o di rafforzamento) per la tua strategia export.

Perché esportare in Albania?
  • Prossimità geografica: tempi di consegna rapidi e logistica semplificata
  • Lingua e cultura compatibili: molti albanesi parlano italiano o hanno studiato in Italia
  • Fiscalità agevolata: sistema snello e incentivi per investimenti stranieri
  • Costi contenuti: è un mercato meno saturo e meno costoso rispetto ad altri europei
  • Relazioni storiche solide con l’Italia, con numerosi accordi commerciali bilaterali

I settori con maggiore potenziale
L’Albania ha una forte vocazione di importazione di prodotti finiti e tecnologie.
I settori con maggiore richiesta di prodotti italiani sono:
  • Materiali edili, impianti, serramenti, ceramiche
  • Macchinari e attrezzature per la produzione
  • Arredamento, illuminazione e design
  • Packaging e tecnologie per l’industria alimentare
  • Prodotti chimici per edilizia, pulizia, trattamento superfici
  • Cosmetici, prodotti per la persona e la casa
  • Abbigliamento tecnico e industriale

Documenti necessari per esportare in Albania
L’Albania non è ancora membro dell’Unione Europea, ma ha un Accordo di Libero Scambio con l’UE.
Ciò significa che i prodotti di origine preferenziale italiana possono beneficiare di esenzione daziaria, a condizione che siano accompagnati da:
  • Fattura commerciale
  • Packing list
  • Certificato di origine preferenziale EUR.1 (o dichiarazione in fattura se sotto i 6.000 €)
  • Schede tecniche o certificazioni, se richieste dal settore
  • Incoterms chiari e modalità di pagamento concordate

Attenzione alle differenze culturali
Fare affari in Albania è più diretto che in Nord Europa, ma ci sono aspetti da considerare:
  • la relazione personale è importante: la fiducia si costruisce anche con una visita di persona
  • la trattativa può essere informale ma va formalizzata bene nei documenti
  • i tempi di risposta possono essere lunghi, quindi serve follow-up continuo
  • la puntualità non è rigida come nei paesi nordici, ma va comunque mantenuta dal lato italiano

Come trovare clienti o distributori in Albania
Le strade principali per entrare nel mercato albanese sono:
  • ricerca diretta di distributori o importatori locali
  • partecipazione a fiere settoriali o missioni imprenditoriali in loco
  • attività digitale B2B (LinkedIn, piattaforme, newsletter multilingue)
  • segnalazioni da parte di partner italiani già attivi nel mercato balcanico
Hello Export può aiutarti in ogni fase con contatti selezionati, materiali multilingua e supporto operativo.

Conclusione
L’Albania è un mercato concreto, vicino e ancora poco sfruttato dalle PMI italiane, che spesso guardano troppo lontano ignorando le opportunità sotto casa.
Esportare lì non richiede grandi budget, ma serve metodo, serietà e un progetto fatto bene.
📩 Vuoi scoprire se i tuoi prodotti possono avere mercato in Albania?
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Con il nostro Progetto Export ti aiutiamo ad analizzare il potenziale, cercare contatti, preparare listini e partire con un piano operativo su misura.

Internazionalizzazione per imprese manifatturiere

9/6/2025

 
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​L’internazionalizzazione non è una moda, né una parola da convegno.
È un processo concreto che può trasformare una PMI manifatturiera da impresa locale a realtà solida e riconosciuta all’estero.
Ma come si fa? Quando ha senso farla? E quali sono i veri vantaggi?
In questo articolo ti spieghiamo tutto, con un linguaggio chiaro e orientato alla pratica.

Cosa significa internazionalizzazione (davvero)
Internazionalizzare un’impresa significa adattare prodotti, struttura e processi per poter vendere e operare in altri mercati.
Attenzione: non si tratta solo di “esportare”, internazionalizzazione è strategia, presenza, posizionamento, continuità.
Per un’azienda manifatturiera può significare:
  • vendere all’estero in modo continuativo
  • aprire un canale commerciale stabile (es. distributore, agente, filiale)
  • adattare il prodotto alle normative locali
  • partecipare a fiere, tender o commesse internazionali
  • sviluppare una rete commerciale digitale in altri paesi

Quando ha senso internazionalizzare
Non esiste il “momento perfetto”, ma ci sono segnali chiari che indicano che la tua azienda è pronta:
✅ Hai un prodotto già apprezzato in Italia, ma il mercato interno è saturo o in calo
✅ Hai una buona capacità produttiva, ma sfruttata solo in parte
✅ Hai un vantaggio competitivo (qualità, prezzo, flessibilità, design, sostenibilità)
✅ Hai già ricevuto richieste occasionali dall’estero, ma senza struttura
✅ Vuoi aumentare la marginalità vendendo dove il tuo valore viene pagato di più

I vantaggi per le imprese manifatturiere italiane
Internazionalizzare oggi ti permette di:
  • diversificare il rischio: meno dipendenza da un solo mercato
  • aumentare il valore percepito: all’estero il made in Italy è sinonimo di qualità
  • stabilizzare i flussi di lavoro: produzione più costante e programmata
  • entrare in nuovi circuiti commerciali: distributori, piattaforme, partnership
  • essere più competitivo anche in Italia, grazie alla reputazione internazionale

Come avviene l’internazionalizzazione (in modo sano)
Internazionalizzare non significa andare a una fiera e vedere che succede, né tradurre il sito e aspettare richieste.
Un progetto efficace prevede:
  1. Analisi dei mercati esteri più compatibili
  2. Scelta delle modalità di ingresso (distributore, e-commerce, joint venture, ecc.)
  3. Adattamento del prodotto (documentazione, lingua, certificazioni)
  4. Creazione di materiali export (listini, cataloghi, presentazioni)
  5. Attività di contatto e promozione (digitale e/o fisica)
  6. Gestione commerciale e logistica
  7. Follow-up e assistenza post-vendita

E se non hai un ufficio export interno?
La maggior parte delle PMI italiane non ha una figura dedicata.
Ecco perché esiste il Temporary Export Manager (TEM): un professionista che lavora con te per un periodo definito, costruendo il tuo percorso di internazionalizzazione senza dover assumere personale a tempo indeterminato.
Noi di Hello Export ci occupiamo proprio di questo.

Conclusione
Se hai una buona azienda manifatturiera e vuoi fare il salto verso nuovi mercati, non serve rivoluzionare tutto. Serve un piano serio, un metodo operativo e un supporto competente.

📩 Vuoi scoprire se la tua impresa è pronta per internazionalizzarsi?
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Con il nostro Progetto Export analizziamo insieme il tuo potenziale, individuiamo i mercati migliori e costruiamo una strategia su misura.

Come esportare prodotti manifatturieri italiani

9/6/2025

 
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L’Italia è uno dei Paesi manifatturieri più forti al mondo, dalla meccanica al packaging, dall’arredo al cosmetico, passando per i componenti industriali e l’automazione, le aziende italiane producono qualità, innovazione e soluzioni tecniche apprezzate ovunque.
​
Eppure, moltissime imprese manifatturiere italiane non esportano, o lo fanno in modo occasionale, disordinato, inefficace.
Peccato, perché oggi l’export è uno dei pochi strumenti concreti per crescere davvero.

Perché un’azienda manifatturiera dovrebbe esportare
  • Per diversificare i clienti ed essere meno dipendente dal mercato italiano
  • Per valorizzare i propri prodotti in contesti in cui la qualità è riconosciuta e pagata
  • Per crescere con marginalità più sane, anche su produzioni medio-piccole
  • Per acquisire know-how, visibilità e reputazione internazionale
Export non vuol dire solo vendere, vuol dire mettere in moto un meccanismo virtuoso di miglioramento, posizionamento e stabilità.

Quali sono i prodotti italiani più richiesti all’estero?
Secondo i dati ISTAT, tra i settori manifatturieri più esportati nel 2024 troviamo:
  • Macchinari e attrezzature
  • Componenti meccanici e subfornitura industriale
  • Packaging e automazione
  • Arredamento e illuminazione
  • Cosmetica, detergenza e prodotti per la persona
  • Materiali per edilizia, serramenti e sistemi modulari
Tutte aree in cui l’Italia eccelle per qualità, flessibilità e design tecnico.

Cosa serve davvero per iniziare a esportare?
Non bastano cataloghi in inglese e qualche fiera all’estero.
Serve un progetto export su misura, che tenga conto di:
  • mercati obiettivo: in quali Paesi il mio prodotto ha davvero margine?
  • listini export: il prezzo italiano va bene anche fuori?
  • materiali e documentazione: ho schede tecniche, certificazioni, etichettatura a norma?
  • logistica e Incoterms: come spedisco, con quali garanzie, a quali condizioni?
  • comunicazione: il sito parla a buyer internazionali o solo a clienti italiani?
  • strumenti digitali: sono presente su LinkedIn, marketplace B2B, portali settoriali?

Cosa può fare un’azienda manifatturiera che vuole iniziare?
Due strade:
  1. Tentare da sola: rischiando di perdere tempo, fare errori e bruciare opportunità
  2. Affidarsi a un Temporary Export Manager (TEM), o a un team esperto come quello di Hello Export

Con il Progetto Export strutturiamo insieme:
✅ la strategia
✅ i documenti
✅ le prime ricerche di clienti/distributori
✅ la tua presenza digitale per l’estero
✅ la gestione di offerte, spedizioni e trattative

Conclusione
L’Italia ha un potenziale manifatturiero enorme.
Se anche tu produci qualcosa di solido, utile, bello o tecnico… è il momento di portarlo all'estero.
Non serve essere una multinazionale. Serve essere pronti, concreti e ben guidati.

📩 Vuoi scoprire se i tuoi prodotti possono davvero conquistare l’estero?
Scrivici oggi a [email protected] e scopri il nostro Progetto Export
Con Hello Export, l’internazionalizzazione della tua impresa diventa un progetto reale, operativo e sostenibile.

Come esportare in Danimarca nel 2025: guida pratica per aziende italiane

7/6/2025

 
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​La Danimarca è uno dei mercati più avanzati, ordinati e affidabili dell’Europa settentrionale. Membro dell’UE (ma non dell’Eurozona), con un’economia solida e un’elevata apertura commerciale, rappresenta una destinazione ideale per le aziende italiane che puntano a un mercato serio, sostenibile e ben regolamentato.

Esportare in Danimarca richiede precisione, trasparenza e un approccio diretto, soprattutto nel B2B, è un Paese in cui il rapporto si costruisce più sulla fiducia professionale che sulla relazione personale, e dove ogni parola conta.

Perché esportare in Danimarca
  • è un mercato ad alto reddito, attento alla qualità e all’affidabilità
  • l’Italian lifestyle (food, arredo, moda) è apprezzato, ma serve sostanza oltre l’estetica
  • la logistica è efficiente e il sistema doganale fluido
  • le aziende danesi sono puntuali nei pagamenti e molto corrette nei contratti
  • è una porta di accesso ai mercati nordici (Svezia, Norvegia, Finlandia)

Settori con alto potenziale per l’Italia
  • food & beverage di alta gamma (incluso il biologico)
  • arredo, illuminazione, design funzionale
  • meccanica e subfornitura industriale
  • tecnologie green ed energie rinnovabili
  • packaging sostenibile
  • moda e abbigliamento tecnico/outdoor
  • cosmetica naturale e certificata

Come comportarsi nel business con la Danimarca: aspetti cross-culturali
Fare affari con i danesi è piacevole, ma bisogna essere preparati. Le regole non scritte del loro business culture sono molto diverse da quelle italiane. Ecco le più importanti:

1. Comunicazione diretta e senza giri di parole
I danesi usano uno stile low-context: dicono esattamente quello che intendono. Non girano intorno a un “no” e si aspettano altrettanta chiarezza da te.
Evita eccessi retorici, promesse vaghe o “giri di parole all’italiana”. Meglio parlare chiaro.

2. Business centrato sull’accordo (deal-focused)
I danesi vanno dritti al punto, vogliono sapere cosa offri, a che prezzo e con quali condizioni.
Non si aspettano relazioni personali o “romanticismi” commerciali. Un buon prodotto, presentato bene, è più efficace di mille inviti a cena.

3. Uguaglianza e informalità
Nonostante la serietà professionale, il business danese è molto orizzontale: anche un CEO può vestirsi in modo semplice e parlare in prima persona.
Usa i nomi propri, senza troppi formalismi, ma sii sempre preciso ed educato.

4. Poche emozioni, molta sostanza
Lo stile comunicativo danese è contenuto, sobrio e pragmatico.
Niente esagerazioni o vendite aggressive, usa dati, benefici misurabili e dimostra affidabilità.

Come negoziare con i danesi

Cosa fare
  • Presentazioni: Evita battute iniziali o chiacchiere da bar. I danesi apprezzano presentazioni visive, dati chiari e pochi fronzoli. Sii pronto a rispondere in modo diretto e tecnico.
  • Stile di trattativa: Il classico “trucco” del prezzo alto per poi trattare al ribasso non funziona, proponi subito un’offerta onesta e competitiva, altrimenti perdi credibilità.

Cosa evitare
  • “hard sell tactics” (pressioni, scadenze artificiali, urgenze forzate)
  • promesse esagerate o vaghe
  • linguaggio ambiguo o eccessivamente commerciale
  • lunghi preamboli relazionali prima di entrare nel merito

Contratti
I danesi prendono molto sul serio gli accordi scritti: ciò che è firmato vale, e ogni modifica va discussa con precisione.

Conclusione
Esportare in Danimarca è una scelta strategica per chi vuole entrare in un mercato solido, rispettoso e meritocratico.
Se hai un prodotto valido, ben posizionato e sei pronto a comunicare con precisione, puoi conquistare la fiducia danese e costruire relazioni di lungo periodo.

Vuoi prepararti ad affrontare il mercato danese con una strategia concreta?
Scrivici a [email protected]
Con il nostro Progetto Export ti aiutiamo a identificare i buyer giusti, adattare la tua proposta commerciale e affrontare trattative in stile nordico, senza sbagliare tono, tempi o obiettivi.

Come esportare in Romania nel 2025: guida operativa e culturale per PMI italiane

7/6/2025

 
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La Romania è uno dei partner commerciali più interessanti e accessibili per l’Italia, soprattutto nel settore manifatturiero, agroalimentare, edilizio e dei servizi industriali.
Membro dell’UE dal 2007, con una posizione strategica tra Europa centrale, Balcani e Mar Nero, la Romania è vicina geograficamente, logisticamente ed economicamente.
Esportare in Romania è una scelta logica per molte PMI italiane, ma richiede un approccio consapevole, una comunicazione precisa e competenze interculturali ben calibrate.

Perché esportare in Romania
  • è una delle economie più dinamiche dell’Est Europa, con PIL e consumi in crescita
  • è parte dell’Unione Europea, quindi non ci sono dazi né complicazioni doganali gravi
  • ha manodopera specializzata e un tessuto produttivo compatibile con la subfornitura italiana
  • rappresenta un ottimo hub logistico per chi guarda a Est (Bulgaria, Moldavia, Turchia, Ucraina)

Settori ad alto potenziale
  • meccanica e subfornitura industriale
  • edilizia, serramenti, materiali da costruzione
  • arredamento e design funzionale
  • food & beverage (prodotti italiani premium)
  • cosmetica naturale
  • abbigliamento tecnico o da lavoro
  • impiantistica e tecnologie per l’agroindustria

Aspetti interculturali e negoziazione con i partner romeni
Fare affari in Romania richiede tempo, attenzione relazionale e sensibilità culturale.
Ecco i punti chiave da tenere a mente:

Lingua e comunicazione
  • Il rumeno è una lingua romanza, simile all’italiano e facilmente comprensibile
  • Molti parlano inglese (soprattutto i giovani), ma in ambito tecnico è ancora frequente l’uso del tedesco
  • Le lettere commerciali hanno più impatto se scritte in inglese, ma la disponibilità a comunicare in italiano è spesso apprezzata

Relazione prima del contratto
  • In Romania le relazioni personali contano: è meglio incontrarsi di persona che trattare via email
  • Non aspettarti risposte rapide ai preventivi se non c’è stata una conoscenza iniziale
  • All’inizio di una collaborazione, l'investimento relazionale è fondamentale: visita l’azienda, mostra interesse, costruisci fiducia

Comunicazione indiretta
  • I romeni preferiscono uno stile comunicativo più rotondo e meno diretto rispetto a quello nord-europeo
  • Meglio evitare domande troppo invasive o troppo dirette
  • La negoziazione è più efficace se basata su conversazioni morbide, ascolto attivo e gradualità

Gerarchie e formalità
  • Il rispetto per ruoli, titoli e formalità è forte: meglio usare titoli accademici o professionali
  • L’approccio è più formale di quello italiano, specie nei primi incontri
  • Il dress code è sobrio e curato, e le strette di mano sono il saluto standard

Tempo, puntualità e trattativa
  • Le riunioni tendono a essere flessibili nei tempi: iniziano anche in ritardo e durano più del previsto
  • Tuttavia, i partner italiani sono attesi puntuali
  • Le negoziazioni sono spesso lunghe e complesse, con molta attenzione ai dettagli

Come negoziare (e concludere) un affare in Romania
  • Evita battute o ironie al primo incontro
  • Prepara materiali tecnici, visuali e schede dettagliate
  • Tieni margini di trattativa: i partner romeni sanno essere negoziatori determinati
  • Aspettati ritmi decisionali più lenti rispetto all’Italia o al Nord Europa

Conclusione
Esportare in Romania è un’opportunità concreta per le PMI italiane, ma va affrontata con rispetto, metodo e attenzione culturale.
Il mercato è favorevole, aperto al made in Italy e logisticamente semplice. Ma come sempre nell’export, il successo dipende da quanto sei preparato a parlare la lingua (non solo linguistica) del tuo cliente.

Vuoi esportare in Romania con un piano chiaro e contatti mirati?
Scrivici a [email protected]
Con il nostro Progetto Export ti affianchiamo nella selezione dei mercati, nella preparazione dei materiali e nella gestione delle trattative con partner esteri, anche in Romania.

I metodi di pagamento internazionali: guida pratica per vendere (e comprare) all’estero in sicurezza

6/6/2025

 
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Quando si parla di export o import, uno dei temi più delicati è il pagamento.
Vendere un prodotto all’estero è una conquista, ed essere pagati in modo puntuale e sicuro è la vera vittoria.
Esistono diversi strumenti per gestire i pagamenti internazionali, ognuno con vantaggi, rischi e gradi di sicurezza diversi.
Conoscerli ti permette di tutelarti, negoziare meglio e chiudere trattative senza brutte sorprese.

I principali metodi di pagamento internazionali
1. Pagamento anticipato (Advance Payment)
Massima sicurezza per il venditore, rischio alto per il compratore.
Il cliente estero paga prima della spedizione. È molto usato quando:
  • il rapporto è nuovo
  • l’importo è basso
  • il fornitore ha maggiore potere contrattuale
✔️ Pro: sicuro e semplice per chi esporta
❗ Contro: può rallentare o scoraggiare l’ordine

2. Bonifico bancario (Bank Transfer / T/T – Telegraphic Transfer)
Il più diffuso, soprattutto per relazioni consolidate.
Il pagamento avviene prima o dopo la consegna, in base agli accordi (es. 30% all’ordine, 70% prima della spedizione).
✔️ Pro: flessibile, economico, tracciabile
❗ Contro: richiede fiducia reciproca

3. Lettera di credito (Letter of Credit – L/C)
È uno strumento bancario che garantisce il pagamento al fornitore, se le condizioni previste nel contratto sono rispettate (es. consegna della merce, documenti doganali, ecc.).
✔️ Pro: protegge entrambe le parti, ideale per operazioni complesse o nuovi partner
❗ Contro: costi bancari alti, procedure lunghe e burocratiche

4. Incasso documentario (Documentary Collection – D/P o D/A)
La banca del venditore invia i documenti alla banca del compratore e rilascia la merce solo a pagamento effettuato (D/P) o accettazione della scadenza (D/A).
✔️ Pro: più sicuro di un bonifico semplice, meno costoso di una L/C
❗ Contro: meno tutelante in caso di mancato ritiro o pagamento

5. Pagamento posticipato (Open Account)
Il fornitore spedisce la merce e il cliente paga dopo 30, 60 o 90 giorni.
✔️ Pro: molto competitivo per l’acquirente
❗ Contro: rischio elevato per il venditore, usato solo con clienti affidabili

6. PayPal, Stripe, carte di credito
Usati per e-commerce, piccoli importatori o test di mercato.
Comodi ma con commissioni elevate e tutele limitate.
✔️ Pro: rapidità, accessibilità, adatti a transazioni B2C
❗ Contro: limiti di importo e gestione reclami meno strutturata

Quale metodo scegliere?
Dipende da:
  • livello di fiducia tra le parti
  • valore della fornitura
  • paese di destinazione e rischio politico
  • frequenza degli ordini
  • capacità finanziaria delle aziende coinvolte
Il consiglio: inizia tutelandoti (es. L/C, acconto), poi valuta aperture graduali man mano che il rapporto commerciale si consolida.

Conclusione
Saper gestire i metodi di pagamento internazionali non è solo un tema amministrativo.
È una leva di negoziazione, una forma di tutela e uno strumento di competitività.

📩 Vuoi impostare correttamente i tuoi contratti export/import e scegliere il metodo di pagamento più adatto al tuo caso?

Scrivici a [email protected]
Con il nostro Progetto Export o Progetto Import, ti aiutiamo a strutturare le vendite estere anche dal punto di vista finanziario, con sicurezza e professionalità.

Perché investire in un TEM - Temporary Export Manager

6/6/2025

 
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​Molte aziende aspettano “il momento giusto” per iniziare a esportare.
Ma il momento giusto non arriva mai da solo.
E proprio nei momenti di difficoltà, saturazione del mercato interno o rallentamento della domanda, è il momento perfetto per guardare fuori dai confini e ripartire con una visione più ampia.

Perché investire in un TEM o DTEM adesso
Un Temporary Export Manager (TEM) o Digital TEM (DTEM) non è un consulente generico, è un professionista operativo che ti affianca per trovare mercati nuovi, contatti veri e opportunità di crescita all’estero.

Proprio come accade nella pubblicità nei tempi di crisi, anche nell’export vale questa logica:
“Nei momenti buoni si vorrebbe investire. Nei momenti difficili si dovrebbe farlo.”

Il TEM ti serve se:
  • il mercato italiano è stagnante
  • hai margini bassi ma un prodotto valido
  • vuoi aumentare vendite senza assumere figure interne
  • non sai da dove iniziare a vendere all’estero
  • hai provato fiere o contatti senza struttura e non hanno funzionato

Cosa fa un TEM/DTEM in pratica
  • analizza il tuo potenziale export
  • individua i mercati più adatti (non i più alla moda)
  • prepara listini, documenti, materiali multilingua
  • cerca clienti, buyer, importatori o distributori
  • struttura la tua presenza online per l’estero (LinkedIn, sito, B2B marketplace, ecc.)
  • ti aiuta a vendere, non solo a “comunicare”

È un investimento, non un costo
Un TEM non è un dipendente a tempo indeterminato, non è un agente a provvigione.
È una figura temporanea ma concreta, che lavora con obiettivi e risultati misurabili.
E spesso, se ben impostato, il progetto si ripaga con i primi 1 o 2 ordini chiusi.
Inoltre, in molte regioni italiane ci sono voucher e bandi che coprono parte del costo.

Conclusione
Aspettare che “riparta il mercato” è una scelta passiva.
Investire in un progetto export con un TEM o DTEM, invece, è una scelta attiva, strategica, e soprattutto concreta.
Perché i clienti che cerchi potrebbero trovarsi a soli due paesi di distanza.

📩 Vuoi partire? Scrivici a [email protected]
Con il nostro Progetto Export ti affianchiamo con veri professionisti operativi, pronti a portarti fuori dai confini, senza perdere tempo né soldi.

Promozioni e incentivi nell’export e nel digital export

6/6/2025

 
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​Quando si parla di export, spesso si pensa solo a dogane, documenti e listini, ma nel commercio internazionale — proprio come in quello interno — le leve promozionali funzionano eccome.
Soprattutto se vuoi distinguerti online, attirare buyer o importatori e incentivare il primo ordine.

Incentivi, ma con intelligenza: perché funzionano
Regali, bonus, extra prodotto, trasporto incluso, omaggi a campione... sono tutti strumenti che servono per:
  • rompere il ghiaccio con nuovi buyer
  • incentivare l’acquisto di test o piccoli lotti
  • stimolare la fiducia in chi non ti conosce
  • aumentare il valore percepito
  • posizionarti come “generoso ma professionale”

Nel digital export, dove il cliente non può vederti né toccare il prodotto, l’incentivo giusto può diventare il primo passo per ottenere un ordine vero.

Esempi pratici di promozioni utili nell’export
  • spedizione gratuita del primo ordine sopra i 500 €
  • etichettatura personalizzata in omaggio per chi acquista 2 pallet
  • campionatura gratuita per distributori selezionati
  • “buy 4, get 1 free” su referenze in fase di lancio
  • supporto grafico gratuito per il packaging locale
  • garanzia estesa o assistenza tecnica prioritaria
Attenzione: il concetto di “gratis” non è sinonimo di svalutazione, ma di valore aggiunto, se comunicato bene.

Strategia push o pull? Nell’export servono entrambe
Nel marketing si distinguono due tipi di incentivi:
  • pull: pensati per attrarre il cliente finale o l’importatore (es. promozioni pubblicitarie, offerte online, campioni gratuiti)
  • push: pensati per motivare il distributore o il rivenditore (es. sconti quantità, premi al raggiungimento target, visibilità in vetrina)
Nel digital export puoi combinare entrambi:
✔️ Ads sponsorizzate su LinkedIn o Google per attrarre buyer → pull
✔️ Materiale esclusivo o extra condizioni a un partner locale → push

Quando l’incentivo funziona davvero
Un incentivo ha senso se:
  • è temporaneo o limitato
  • è legato a un’azione chiara (es. primo ordine, referral, test prodotto)
  • rafforza la tua proposta, non la svende
  • crea occasione per una trattativa più ampia
  • è sostenibile in termini logistici e margine
​
Conclusione
Esportare non significa solo essere tecnici, precisi e regolamentati.
Significa anche sapere vendere.
E vendere vuol dire dare qualcosa in più, per farsi scegliere, ricordare e riordinare.

📩 Vuoi impostare una strategia export o digital export con una leva promozionale efficace?
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Con il nostro Progetto Export costruiamo insieme un piano serio, operativo e sostenibile — anche a partire da un piccolo incentivo che fa una grande differenza.

Come scrivere proposte commerciali efficaci per l’estero            Guida pratica per PMI 2025

6/6/2025

 
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Se hai un buon prodotto ma i tuoi preventivi all’estero non si trasformano in ordini, il problema potrebbe non essere il prezzo.
Spesso è la proposta commerciale che non comunica abbastanza valore, non parla il linguaggio del cliente o non tiene conto delle sue motivazioni d’acquisto.
​
Nel commercio internazionale, dove la concorrenza è ampia e i margini più stretti, saper scrivere una proposta commerciale efficace può fare la differenza tra un affare perso e un nuovo cliente acquisito.

Cosa deve fare una proposta commerciale per funzionare
Una buona proposta commerciale per l’estero deve:
  • coinvolgere il cliente, non essere un documento freddo e impersonale
  • differenziarsi dalla concorrenza, in modo chiaro ma concreto
  • valorizzare i punti forti dell’offerta, senza sembrare autoreferenziale
  • trasmettere professionalità, affidabilità e attenzione ai dettagli
  • rispondere a un bisogno specifico del cliente, non essere un copia-incolla

Come costruire valore (senza vendere solo sul prezzo)
Un errore comune è puntare tutto sul prezzo, ma nel B2B internazionale, il vero vantaggio competitivo si costruisce attorno alla percezione di valore.

Valore significa:
  • qualità percepita del prodotto
  • durata, facilità di utilizzo o installazione
  • supporto tecnico, servizio clienti, affidabilità
  • attenzione all’ambiente o alla certificazione
  • packaging e documentazione pronti per l’importazione

Strategie per migliorare le tue proposte export
1. Individua le vere esigenze del cliente
Prima di scrivere un’offerta, chiediti cosa davvero conta per quel cliente: tempi di consegna? personalizzazione? tracciabilità?
Poi evidenzia proprio quello nella tua proposta.

2. Scrivi come se stessi parlando a lui
Evita frasi standard tipo “alleghiamo la nostra miglior offerta” e scrivi invece:
“Come richiesto, le proponiamo un’offerta adatta alla distribuzione nel suo canale horeca in Spagna, con etichettatura in lingua e tempi di consegna entro 10 gg DAP Madrid.”

3. Valorizza, non giustificare
Non dire “il prezzo è più alto perché siamo più piccoli” ma:
“Il nostro prodotto ha un costo superiore alla media, ma consente un risparmio logistico grazie al suo packaging ottimizzato e pronto per la vendita.”

4. Usa uno schema chiaro
Dividi la proposta in sezioni leggibili:
  • descrizione prodotto/servizio
  • vantaggi per il cliente
  • prezzi e condizioni
  • tempistiche
  • modalità di pagamento
  • incoterms e logistica
  • contatti e azione finale (es. “attendiamo conferma per procedere”)

Bonus: le motivazioni di acquisto più forti nei clienti esteri
Le principali leve d’acquisto internazionali sono:
  • risparmio o semplificazione
  • sicurezza e affidabilità
  • prestigio, design, status (soprattutto per prodotti consumer)
  • supporto tecnico o post vendita
  • rispetto delle normative locali
  • trasparenza e chiarezza nella comunicazione

Più le tue proposte toccano una di queste leve, più aumentano le probabilità di chiusura.

Conclusione
Una proposta commerciale ben scritta non è solo un preventivo: è il primo strumento di vendita concreta nel processo export.

È la tua voce all’estero, il biglietto da visita operativo che può aprire la porta a nuovi mercati.
📩 Hai bisogno di migliorare le tue proposte commerciali per l’estero o strutturare un modello efficace?
Scrivici a [email protected]
​

Con il nostro Progetto Export ti aiutiamo a scrivere proposte commerciali vincenti, tecniche, convincenti e coerenti con i mercati internazionali.

Come trovare nuovi clienti esteri per la tua azienda in Piemonte

26/5/2025

 
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Introduzione all’export operativo
Esportare non significa semplicemente spedire all’estero o aggiungere un sito in inglese.
Significa costruire una strategia commerciale internazionale, con azioni mirate per generare contatti qualificati, avviare trattative e concludere vendite con clienti reali.
L’export operativo è questo: un approccio concreto e misurabile, fatto di strumenti, azioni, follow-up e risultati.

Molte imprese piemontesi hanno prodotti eccellenti ma faticano a uscire dai confini italiani perché manca il tempo, il personale o il metodo per affrontare l’internazionalizzazione. È qui che entra in gioco la figura del consulente export: una risorsa esterna che porta esperienza, contatti e operatività senza pesare sull’organico.

I vantaggi per le PMI piemontesi
Un’azienda piemontese che sceglie di attivare un progetto di export operativo ottiene diversi vantaggi strategici:
  • Identifica i mercati giusti, basandosi su dati, richieste di mercato e compatibilità di prodotto
  • Crea una rete commerciale, strutturata con distributori, buyer o clienti diretti all’estero
  • Aumenta la marginalità, aprendosi a mercati meno saturi e con maggior valore percepito
  • Diversifica il fatturato, riducendo la dipendenza dal mercato italiano
  • Ottimizza la propria offerta, adattando listini, schede tecniche, materiali commerciali e contratti al contesto internazionale
  • Evita errori costosi, grazie a una gestione precisa di documentazione, trasporto, dazi e normative estere
Tutto questo senza dover assumere un export manager a tempo pieno: il consulente export in Piemonte, con esperienza sul campo, può affiancare l’azienda anche solo per il periodo necessario a strutturare la fase iniziale o far ripartire un progetto fermo.

Come funziona un percorso di export operativo
Un vero percorso operativo inizia sempre da un’analisi:
  • cosa produce l’azienda
  • a chi potrebbe servire
  • in quali paesi c’è richiesta
  • come si può vendere (distributori, fiere, B2B diretto, e-commerce, ecc.)
Da lì si costruisce:
  1. il materiale export: cataloghi, listini, profili aziendali, sito in lingua
  2. la strategia commerciale: mercati target, canali prioritari, primi passi concreti
  3. la ricerca contatti: database, azioni commerciali, follow-up
  4. la gestione delle trattative: offerte, prezzi export, termini di pagamento, logistica
  5. la formalizzazione: contratti, incoterms, documentazione doganale, conformità
Il tutto con report regolari, obiettivi chiari e una presenza concreta, non solo consulenziale.

Chi può farlo
Il servizio è pensato per:
  • PMI che non hanno ancora esportato e vogliono iniziare con un metodo
  • aziende che hanno già fatto export ma in modo disorganizzato e poco redditizio
  • imprenditori che non vogliono perdere tempo con tentativi a vuoto
  • realtà che vogliono farsi conoscere all’estero, anche senza partecipare subito a fiere costose

Conclusione
Trovare clienti esteri non è una questione di fortuna o di taglia aziendale. È una questione di approccio, costanza e metodo.
L’export non si improvvisa, ma se affrontato bene può diventare una delle leve di crescita più importanti per la tua impresa.
​
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e scopri il nostro Progetto Export pensato per PMI piemontesi come la tua, che vogliono crescere all’estero partendo da azioni concrete, strumenti giusti e obiettivi chiari.

Temporary Export Manager in Piemonte

26/5/2025

 
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​Se sei un imprenditore in Piemonte e vuoi iniziare a vendere all’estero, probabilmente ti sei già fatto una di queste domande:
  • da dove parto per esportare?
  • come trovo clienti all’estero?
  • chi si occupa della documentazione?
  • mi conviene assumere qualcuno o affidarmi a un consulente?
La risposta giusta, se vuoi partire in modo strategico ma flessibile, potrebbe essere una sola: Temporary Export Manager.

Chi è un Temporary Export Manager (TEM)
Un Temporary Export Manager è un professionista esperto in internazionalizzazione che lavora temporaneamente al fianco della tua azienda.
Non è un dipendente, non è un agente, non è una figura teorica. È qualcuno che porta metodo, contatti, esperienza e operatività dentro alla tua realtà, per aiutarti a entrare in nuovi mercati o strutturare meglio quelli già attivi.

Cosa fa concretamente un TEM?
Un buon TEM ti affianca nella gestione dell’export, dalla strategia all’azione. In particolare:
  • analizza i tuoi punti di forza e le potenzialità di mercato
  • seleziona i mercati esteri più adatti al tuo prodotto
  • imposta o migliora listini, materiali, cataloghi, sito in lingua
  • identifica fiere, eventi o canali commerciali adatti
  • cerca contatti reali con buyer, distributori, partner locali
  • ti supporta nella gestione di offerte, contratti e documentazione doganale
  • forma il personale interno a gestire in autonomia l’estero
In sintesi: ti insegna a vendere all’estero con metodo, lasciando una traccia utile anche dopo la sua uscita.

Perché un TEM è utile alle aziende piemontesi
Il Piemonte è una regione con una forte vocazione industriale, artigianale e agroalimentare.
Ma molte PMI piemontesi, pur avendo ottimi prodotti, non hanno mai avuto il tempo o le competenze per affrontare seriamente l’export.
Un TEM è la soluzione ideale se:
  • vuoi iniziare a esportare ma non sai da dove cominciare
  • esporti già, ma senza una strategia o con risultati altalenanti
  • vuoi accedere a mercati nuovi o più redditizi
  • hai bisogno di una figura esterna, ma concreta e operativa
  • cerchi un approccio personalizzato, senza formule standard

Temporary Export Manager: un investimento intelligente
Non è un costo fisso, ma un investimento con un ritorno misurabile.
Non devi assumerlo a tempo indeterminato.
Non lavori alla cieca: un TEM lavora con obiettivi, piani d’azione e report.
In più, in Piemonte esistono anche voucher e bandi pubblici (es. Invitalia, Regione Piemonte, Camera di Commercio) che in certi periodi possono finanziare parte del servizio.

Conclusione
Il tuo prodotto ha potenziale all’estero, ma non ci arriva da solo.
Hai bisogno di metodo, esperienza e relazioni costruite con pazienza.
Un Temporary Export Manager, se scelto bene, può diventare la figura chiave per dare slancio reale al tuo export, senza stravolgere l’organizzazione interna.
​
📩 Vuoi capire se il TEM è la figura giusta per la tua azienda?
Scrivici a [email protected]
Con il nostro Progetto Export lavoriamo ogni giorno a fianco di imprese piemontesi che vogliono iniziare (o ripartire) a vendere all’estero. Concreti, su misura, senza fronzoli.

Come esportare in Svezia nel 2025

16/5/2025

 
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​La Svezia è uno dei mercati più avanzati d’Europa, tanto in termini tecnologici quanto culturali. Con una popolazione relativamente piccola ma un potere d’acquisto elevato, un grande rispetto per la sostenibilità e una spiccata attenzione alla qualità dei prodotti, è un paese perfetto per il made in Italy, se sai come presentarti.
​
Esportare in Svezia significa strutturare bene l’offerta, essere credibili, dimostrare valore concreto, senza eccessi o chiacchiere inutili. Gli svedesi apprezzano ciò che funziona, che dura, che ha un’identità chiara.

Perché esportare in Svezia
  • mercato ad alto reddito, con consumatori attenti e selettivi
  • forte attrazione per il design e lo stile italiano
  • Paese tra i più digitalizzati e aperti all’e-commerce
  • buone opportunità B2B in edilizia, arredamento, tech, medicale
  • importazioni italiane in crescita, soprattutto in alimentare, arredo e moda

I settori che funzionano meglio
  • arredo e illuminazione di design
  • food & beverage di qualità (biologico, DOP, veg-friendly)
  • subfornitura meccanica ed elettronica
  • prodotti outdoor, sportivi e da montagna
  • cosmetica naturale e sostenibile
  • abbigliamento tecnico e accessori lifestyle
  • packaging ecologico e materiali innovativi

Stile commerciale e aspetti interculturali
Esportare in Svezia richiede chiarezza, concretezza e coerenza.
Non serve impressionare, serve convincere con i fatti.
1. Professionalità silenziosa
Niente fronzoli. I materiali devono essere ben fatti, i prezzi chiari, la logistica ben organizzata. Lo stile è informale, ma molto preciso.
2. Sostenibilità e trasparenza
Il cliente svedese (sia consumer che buyer B2B) guarda all’origine, ai materiali, all’impatto ambientale, alla responsabilità sociale. Se hai certificazioni o scelte green, mettile in evidenza.
3. Rispetto dei tempi
Rispondi puntuale, rispetta ogni scadenza, non promettere se non sei certo di mantenere. Una volta persa la fiducia, è difficile recuperarla.
4. Comunicazione in inglese
Lo svedese non è richiesto, ma l’inglese deve essere fluente. Brochure, sito, offerte, schede tecniche: tutto in inglese corretto e professionale.

Documentazione e logistica
La Svezia è membro dell’Unione Europea, non ci sono dazi o barriere doganali, ma serve comunque prepararsi bene:
  • fattura commerciale in inglese
  • packing list chiara e dettagliata
  • schede tecniche e dichiarazioni CE
  • etichettatura corretta (alimentare, cosmetica, tessile, ecc.)
  • materiali sostenibili per l’imballaggio, se possibile
  • scelta consapevole degli incoterms (in molti casi DDP o DAP)

Fiere ed eventi in Svezia
Le fiere svedesi sono spesso molto verticali e ben organizzate, ecco alcune tra le più rilevanti:
  • Formex (Stoccolma) – design, home decor, oggettistica
  • GastroNord (Stoccolma) – food & beverage, horeca
  • Elmia Subcontractor (Jönköping) – subfornitura industriale
  • Natural Products Scandinavia (Malmö) – cosmetica naturale, integratori, bio
  • Stockholm Furniture & Light Fair – arredo e illuminazione

Conclusione
La Svezia è un mercato serio, stabile e ben disposto verso l’Italia, ma pretende concretezza, rispetto e affidabilità.
Se ti presenti con i materiali giusti, una proposta coerente e una strategia sostenibile, può diventare un mercato fidelizzato e redditizio nel lungo periodo.

📩 Vuoi entrare nel mercato svedese in modo professionale, con il supporto di chi parla la lingua del commercio internazionale?
Scrivici a [email protected]
​

Con il nostro Progetto Export ti aiutiamo a costruire la tua presenza commerciale in Svezia, partendo dalla base: listini, materiali, documenti, contatti e fiere.

Come esportare in Austria nel 2025

16/5/2025

 
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​L’Austria è spesso sottovalutata, ma in realtà è uno dei mercati più accessibili e affidabili per le imprese italiane, eppure parliamo di un’economia stabile, ben integrata nel cuore dell’Europa, con un forte legame storico e culturale con l’Italia, in particolare con il Nord Est.

Vienna è sede di molte organizzazioni internazionali, e il Paese ha un livello di reddito pro capite elevato e una domanda solida, sia sul fronte consumer che industriale.

Perché esportare in Austria
  • è tra i primi 10 mercati per l’export italiano
  • è logisticamente vicina, con collegamenti rapidi e continui
  • ha un’industria forte e strutturata, in cerca di subfornitura e partner di fiducia
  • è un mercato tecnicamente evoluto, ma non aggressivo
  • il made in Italy ha un’ottima reputazione, soprattutto nei settori food, arredo e meccanica

Settori con alto potenziale
  • subfornitura meccanica e meccatronica
  • impiantistica, edilizia, serramenti
  • food & beverage di qualità (vini, pasta, salumi, olio, conserve)
  • arredo, illuminazione, finiture d’interni
  • prodotti cosmetici naturali
  • articoli tecnici per industria, edilizia e logistica
  • abbigliamento funzionale, outdoor e sportivo

Come approcciare il mercato austriaco
L’Austria è un mercato dove la serietà batte il marketing. Le imprese austriache vogliono lavorare con fornitori affidabili, organizzati e solidi.
Ecco alcune regole fondamentali:
  • rispondere in modo puntuale e preciso, mai approssimativo
  • fornire schede tecniche e documentazione già pronte e ben tradotte
  • essere molto chiari su prezzi, condizioni, logistica e tempi di consegna
  • accettare i ritmi (lenti ma rigorosi) della trattativa austriaca: meglio una trattativa più lunga, ma che porta a una relazione duratura

Aspetti interculturali
  • lingua: il tedesco è preferibile, anche se molti parlano bene inglese. Una brochure in tedesco ti fa partire avanti
  • precisione: l’approccio è simile a quello tedesco. Essere vaghi o cambiare idea all’ultimo minuto è percepito come inaffidabilità
  • formalità: all’inizio i toni sono freddi e controllati, ma la fiducia si costruisce nel tempo
  • presenza: fiere, incontri e visite sono molto apprezzate. Anche piccole aziende possono entrare, se si presentano con serietà

Documentazione e burocrazia
L’Austria è parte dell’Unione Europea, quindi non ci sono dazi né barriere doganali. Tuttavia, è importante:
  • avere fatture dettagliate e bilingue
  • curare l’etichettatura, soprattutto per alimenti e cosmetici
  • conoscere e applicare eventuali normative austriache per prodotti tecnici o da costruzione
  • gestire correttamente il trasporto e i documenti di accompagnamento (DDT, packing list, ecc.)

Fiere in Austria: piccole ma mirate
L’Austria ospita fiere più compatte rispetto a Germania e Francia, ma spesso più verticali e concrete, ecco alcuni esempi:
  • Bauen+Energie (Vienna) – edilizia e sostenibilità
  • Intertool (Wels) – lavorazione dei metalli e subfornitura
  • Alles für den Gast (Salisburgo) – horeca, food & beverage
  • Austropharm (Vienna) – salute, benessere, farmacia
  • Wood Construction Fair (Klagenfurt) – edilizia in legno e bioedilizia
Partecipare o visitarle è utile per fare networking e capire le dinamiche locali.

Conclusione
L’Austria è un mercato serio, ordinato e collaborativo.
Chi esporta con metodo e affidabilità può costruire rapporti solidi e duraturi, anche senza fare grandi numeri iniziali.
📩 Vuoi impostare un progetto export per l’Austria con i giusti strumenti?
Scrivici a [email protected]
Con il nostro Progetto Export ti aiutiamo a impostare listini, preparare documenti, tradurre i tuoi materiali e avviare relazioni concrete con partner austriaci.

Come esportare in Svizzera nel 2025

16/5/2025

 
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​La Svizzera è uno dei mercati più solidi, affidabili e ricettivi per i prodotti italiani.
È vicina geograficamente, fuori dall’Unione Europea ma integrata economicamente con l’Europa, è un paese stabile, ordinato, ad alto potere d’acquisto, con una clientela esigente ma ben disposta verso il made in Italy.

Attenzione, però: esportare in Svizzera richiede una preparazione accurata, non basta “fare la fattura” e spedire. Serve conoscere dogane, regole tecniche, incoterms e aspettative commerciali molto precise.

Perché esportare in Svizzera?
  • è il quarto mercato di sbocco per l’export italiano
  • la vicinanza geografica riduce tempi e costi di trasporto
  • il made in Italy è sinonimo di qualità, artigianalità e stile, sia nei settori tecnici che consumer
  • i clienti svizzeri pagano puntualmente e apprezzano relazioni stabili
  • è un ottimo banco di prova per testare l’internazionalizzazione, anche per chi inizia

Settori che funzionano bene in Svizzera
  • food e vino di alta qualità
  • cosmetica, skincare, parafarmaceutico
  • arredo e complementi per interni ed esterni
  • abbigliamento e accessori
  • meccanica, subfornitura, utensili tecnici
  • articoli medicali e diagnostica
  • prodotti per outdoor, tempo libero, montagna

Come gestire la dogana: Svizzera ≠ UE
La Svizzera non fa parte dell’Unione Europea, quindi l’esportazione è formalmente extra-UE.
Servono:
  • fattura commerciale completa
  • packing list
  • codice doganale corretto (HS Code)
  • EUR.1 o dichiarazione di origine preferenziale, per evitare dazi
  • dichiarazione doganale elettronica (tramite spedizioniere o doganalista)
  • etichettature a norma CH, se previste per settore (es. alimenti, cosmetici, dispositivi medici)
Occhio agli incoterms: spesso conviene spedire in DAP (Delivery at Place), ma gestendo bene i costi e le responsabilità.

Aspetti culturali e stile commerciale
  • massima precisione: ritardi, imprecisioni, documenti sbagliati = cliente perso
  • chiarezza contrattuale: ogni condizione dev’essere scritta e rispettata
  • non promettere troppo: meglio underpromise e overdeliver
  • ogni regione svizzera ha le sue sfumature: francofoni, germanofoni, italofoni → adatta comunicazione e materiali
  • lingue: tedesco e francese sono più usati dell’inglese. L’italiano è ben accetto, ma non ovunque

Fiere e contatti locali
La Svizzera ospita diverse fiere B2B interessanti, anche se di scala più contenuta rispetto a Germania o Francia.
Tra le più rilevanti:
  • Zagg (Lucerna) – horeca e foodservice
  • Swissbau (Basilea) – edilizia, arredamento, architettura
  • Cosmetica (Zurigo) – estetica e cosmetica
  • Pack & Label Days (Zurigo) – packaging, etichette e stampa
  • Medtech & Pharma Platform (Basel) – tecnologie medicali
Partecipare o visitare queste fiere aiuta a costruire contatti concreti e mirati, con aziende abituate a lavorare con fornitori esteri.

Conclusione
La Svizzera è un mercato esigente ma straordinariamente stabile.
Chi esporta con precisione, serietà e preparazione può costruire relazioni durature e redditizie.
📩 Vuoi entrare nel mercato svizzero con un progetto export studiato su misura?
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Cosa significa esportare, davvero

16/5/2025

 
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​Molti pensano che esportare significhi semplicemente vendere all’estero.
In realtà, esportare è un processo ben più profondo. È una strategia, un’evoluzione aziendale, una palestra che ti obbliga a fare le cose bene.
E soprattutto: non si improvvisa.

Esportare non è (solo) spedire o vendere all'estero
Chi esporta con successo lo sa:
✔️ Non basta una traduzione in inglese
✔️ Non basta spedire un pallet 
✔️ Non basta rispondere a un’email con un listino in euro

Esportare significa preparare l’azienda ad affrontare un mercato estero, capirne le regole, la cultura, i vincoli, le opportunità.

Cosa comporta esportare?
Ecco cosa vuol dire davvero:
  1. Studiare i mercati target
    Dove c’è domanda? Dove il mio prodotto può funzionare? Quali sono i concorrenti? Le barriere?
  2. Adattare comunicazione e offerta
    Il sito, le schede tecniche, il catalogo, i prezzi: tutto deve parlare la lingua (vera) del mercato di destinazione.
  3. Preparare la documentazione
    DDT, packing list, codici HS, certificati d’origine, dichiarazioni CE, etichettature specifiche, logistica e Incoterms.
  4. Costruire relazioni e fiducia
    All’estero si vende quando sei affidabile, non quando sei solo economico, la relazione viene prima del prezzo.
  5. Avere un referente interno o esterno
    Se nessuno in azienda segue l’export in modo continuo, l’estero non crescerà mai in modo stabile.

Esportare è anche cambiare approccio mentale
  • è uscire dalla logica “consegno domani” e pianificare
  • è imparare a vendere con altri strumenti
  • è smettere di subire il mercato interno e iniziare a scegliere dove crescere
  • è mettere ordine in casa propria per farsi trovare pronti

Ma quindi... chi può esportare?
Non servono fatturati milionari.
Serve volontà, metodo e costanza.
Esportano con successo anche aziende piccole, artigiane, di nicchia.
Chi ha prodotto, visione e voglia di imparare può esportare, e crescere.

Conclusione
Esportare è molto più che spedire o vendere all'estero una tantum.
È fare un passo in avanti come azienda, come imprenditore, come squadra.
E farlo con la consapevolezza che non serve partire da tutto, ma serve partire bene.
📩 Vuoi iniziare a esportare con metodo, senza perdere tempo in tentativi improvvisati?
Scrivici a [email protected]
Con il nostro Progetto Export ti aiutiamo a capire da dove partire, cosa serve davvero e come iniziare a vendere all’estero con una strategia concreta e sostenibile.

✨ E se vuoi capire meglio cosa fa un export manager, e come si costruisce un vero progetto internazionale, dai un’occhiata anche al nostro ebook dedicato: lo trovi nella sezione E-BOOK, ed è un ottimo punto di partenza per orientarti con le idee chiare.

Come esportare in Spagna nel 2025

16/5/2025

 
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​Italia e Spagna condividono più di una lingua latina: abbiamo gusti simili, settori economici paralleli e una complementarità commerciale fortissima.
​
Non è un caso se la Spagna è tra le prime 5 destinazioni dell’export italiano, e cresce stabilmente ogni anno.Vicini geograficamente, con logistiche semplici e barriere culturali ridotte, gli spagnoli amano i prodotti italiani – non solo per la qualità, ma anche per lo stile, l’affidabilità e la disponibilità a collaborare.

Ma attenzione: non confondere affinità culturale con superficialità commerciale. Il mercato spagnolo va affrontato con metodo, presenza e professionalità.

Perché esportare in Spagna?
  • è un mercato vicino, dinamico e accessibile
  • i consumatori spagnoli sono ricettivi al made in Italy
  • le PMI spagnole sono aperte a collaborazioni strutturate
  • le logistiche sono snelle e i costi di trasporto gestibili
  • è un ottimo trampolino verso America Latina e Nord Africa

Settori in cui il made in Italy funziona in Spagna
  • food & beverage (pasta, vino, olio, formaggi, dolci)
  • moda e accessori
  • arredo, illuminazione e complementi
  • packaging ed etichette di design
  • meccanica leggera e attrezzature per agricoltura e costruzioni
  • cosmetica e dermocosmesi
  • prodotti per il wellness e lo sport

Aspetti interculturali: empatia e chiarezza
1. Relazioni personali molto importanti
Gli spagnoli vogliono sapere con chi hanno a che fare, costruire un rapporto umano, anche leggero e cordiale, aiuta tantissimo nel consolidare la fiducia.
2. Comunicazione chiara, ma non fredda
Non serve troppa formalità, un tono amichevole, ma professionale, è la combinazione giusta.
3. Spagnolo, meglio dell’inglese
Se puoi comunicare nella loro lingua, parti in vantaggio, anche per la documentazione.
4. Affidabilità e coerenza
Una volta che ti aprono la porta, devi rispettare i tempi, i prezzi e le condizioni promesse, ogni “forse” diventa un rischio.

Le fiere in Spagna: concretezza e visibilità
La Spagna ospita fiere settoriali ben organizzate, molto frequentate da buyer locali e latinoamericani. Tra le principali:
  • Alimentaria (Barcellona) – food & beverage
  • Cosmobeauty (Barcellona) – cosmetica
  • Feria Hábitat (Valencia) – arredamento e interior design
  • Expoquimia (Barcellona) – chimica e materiali
  • SICUR (Madrid) – sicurezza, tecnologia e ambiente
  • Fruit Attraction (Madrid) – agroalimentare fresco e tecnologie
Partecipare a una fiera in Spagna è meno costoso rispetto alla Germania o alla Francia, ma altrettanto efficace in termini di contatti e vendite.

Documentazione e aspetti tecnici
La Spagna, essendo parte dell’UE:
  • non richiede dazi o licenze particolari
  • accetta tutta la documentazione in formato UE (fatture, DDT, certificazioni CE)
  • ha normative specifiche per etichettatura alimentare e cosmetica
  • richiede attenzione su certificazioni ambientali e doganali per prodotti bio, green o con materiali particolari

Conclusione
Esportare in Spagna è spesso il primo passo perfetto per testare un’espansione all’estero.
Un mercato vicino, aperto, vivace, ma da rispettare in pieno per ottenere risultati veri.
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Come esportare in Francia nel 2025

16/5/2025

 
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​Italia e Francia sono molto più che vicini di casa: sono due partner storici, culturalmente affini ma anche profondamente diversi nel modo di fare business.
Con oltre 50 miliardi di euro di scambi commerciali all’anno, la Francia è uno dei principali mercati esteri per le aziende italiane.
Se vuoi esportare in Francia, devi prepararti con attenzione. Il made in Italy è molto apprezzato, ma non basta essere italiani: serve dimostrare serietà, organizzazione e capacità di costruire relazioni di fiducia.

Perché esportare in Francia?
  • è il secondo mercato europeo per l’Italia dopo la Germania
  • la vicinanza geografica favorisce logistica rapida e controllabile
  • i consumatori francesi amano il design, la qualità e l’artigianalità italiane
  • le imprese francesi cercano partner affidabili e competitivi per collaborazioni di lungo termine

Settori con maggiore potenziale
  • food & beverage (vino, olio, conserve, pasta, formaggi)
  • moda, accessori e calzature
  • arredo, illuminazione, oggettistica
  • cosmetica naturale e skincare
  • subfornitura meccanica e plastica
  • packaging e soluzioni green
  • wellness, outdoor e attrezzature sportive

Aspetti interculturali: la forma è sostanza
1. Comunicazione elegante e strutturata
Il cliente francese è molto attento alla forma: una mail curata, un catalogo elegante, una presentazione ben scritta fanno la differenza.
2. Il francese prima dell’inglese
Anche se molti parlano inglese, comunicare in francese è un segnale di rispetto, un sito bilingue, un catalogo in lingua o almeno un commerciale francofono sono indispensabile.
3. Costruire fiducia richiede tempo
Il mercato francese è formale e riflessivo: ci vogliono più passaggi, più incontri, più follow-up per costruire una relazione commerciale solida.
4. Precisione, puntualità, coerenza
I clienti francesi non gradiscono sorprese o cambi di rotta. Le condizioni promesse vanno rispettate. Sempre.

Come presentarsi al mercato francese
  1. Materiali in doppia lingua (francese-italiano o francese-inglese)
  2. Prezzi chiari e listini adattati al mercato
  3. Sistema logistico affidabile e tracciabile
  4. Referenze e casi studio, se possibile con clienti francesi o europei
  5. Assistenza post vendita strutturata e accessibile

Le fiere in Francia: visibilità e contatti reali
La Francia ospita molte fiere di livello internazionale. Tra le principali:
  • Maison&Objet (Parigi) – arredamento, design, lifestyle
  • SIAL (Parigi) – food internazionale
  • Natexpo (Lione/Parigi) – bio e prodotti naturali
  • Who’s Next (Parigi) – moda e accessori
  • EquipHotel (Parigi) – contract e hôtellerie
  • Cosmetagora (Parigi) – formulazioni cosmetiche e innovazione
Partecipare, o anche solo visitare questi eventi, è un ottimo modo per comprendere le dinamiche locali e incontrare potenziali clienti o distributori.

Documentazione e burocrazia
La Francia è in Unione Europea, quindi non ci sono dazi doganali né autorizzazioni particolari per esportare.
Tuttavia, è fondamentale:
  • preparare fatture, packing list e DDT in doppia lingua
  • rispettare le normative francesi su etichettatura, composizione e tracciabilità, specialmente in food e cosmetica
  • verificare se servono registrazioni specifiche (es. per dispositivi medici, cosmetici, prodotti bio)

Conclusione
Esportare in Francia è un passo importante per ogni azienda italiana.
Non è un mercato “facile”, ma è molto ricettivo se si lavora con rispetto, preparazione e coerenza.
​
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Come esportare in Germania nel 2025

16/5/2025

 
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Italia e Germania condividono legami profondi: culturali, economici, storici.
Siamo partner commerciali di lungo corso, geograficamente vicini, con economie complementari, l’Italia è uno dei principali fornitori della Germania, e la Germania è il nostro primo mercato estero.
Export verso la Germania significa rigore, efficienza e continuità, ma anche opportunità concrete per chi sa parlare la lingua del business tedesco: qualità, affidabilità e precisione.

Perché esportare in Germania?
  • È il primo partner commerciale dell’Italia (oltre 80 miliardi di euro di interscambio)
  • È una porta di accesso all’Europa del Nord e all’Europa dell’Est
  • Il “Made in Italy” è molto apprezzato nei settori tecnici, industriali, food e arredamento
  • Le imprese tedesche cercano fornitori stabili, flessibili, capaci di gestire supply chain complesse

Settori con maggior potenziale
  • componentistica meccanica e meccatronica
  • food e bevande di fascia medio-alta
  • arredo, illuminazione, interior design
  • moda e calzature
  • cosmetica tecnica
  • packaging e automazione industriale
  • articoli per la casa, outdoor, wellness

Precisione, puntualità, chiarezza: i tre pilastri del business in Germania
In Germania non basta avere un bel prodotto.
Per conquistare (e mantenere) un cliente tedesco servono:
  1. comunicazioni puntuali (rispondere subito, rispettare gli accordi)
  2. offerte dettagliate e trasparenti
  3. precisione nella documentazione e nella logistica
  4. qualità costante nel tempo
  5. assistenza post-vendita pronta e risolutiva
In altre parole: serietà professionale. Ogni deviazione può costarti un cliente per sempre.

Aspetti interculturali: cosa sapere per lavorare con la Germania
1. Le relazioni personali contano, ma non sono prioritarie
I tedeschi separano la sfera professionale da quella personale, la fiducia si costruisce sul rispetto degli impegni, non sul caffè dopo la riunione.
2. Il tempo è una risorsa seria
Essere in ritardo, consegnare tardi o cambiare una scadenza senza preavviso può compromettere la relazione.
3. Comunicazione diretta e oggettiva
Non servono giri di parole. Meglio dati concreti, risposte secche e affidabilità rispetto a promesse vaghe.
4. La preparazione è tutto
Non presentarti a una fiera, a un call o a un primo contatto senza materiali ben fatti: cataloghi, schede tecniche, prezzi, capacità produttiva, tutto pronto.

Le fiere in Germania: efficienza che lascia il segno (anche emotivo)
Chi lavora con l’estero sa che la Germania è la regina delle fiere internazionali, dalla meccanica al packaging, dal design al food, passando per elettronica, edilizia, automotive e logistica, ogni settore ha il suo evento di riferimento. Alcuni esempi:
  • Anuga (Colonia) – agroalimentare
  • Light+Building (Francoforte) – illuminazione e domotica
  • Interzum (Colonia) – arredamento e componenti
  • Hannover Messe (Hannover) – automazione industriale
  • Medica (Düsseldorf) – medicale e dispositivi
  • Ambiente (Francoforte) – oggettistica e decorazione
Le fiere tedesche non sono solo luoghi di esposizione: sono macchine perfette, dove tutto funziona con puntualità e metodo.

🎯 Chicca personale dell’autrice:
“La mia prima fiera in Germania è stata quasi uno shock. Ho parcheggiato ed ero dentro in cinque minuti netti. La fila al bar per il caffè è durata un minuto.
Quasi mi ha infastidito: da italiana abituata al caos, non ero pronta a tutta quella efficienza. Poi ho capito che lì il tempo si rispetta davvero. E ho iniziato ad amarlo.”


Documentazione e burocrazia
La Germania fa parte dell’Unione Europea, quindi non ci sono dazi né licenze di esportazione (salvo in casi particolari).
Ma attenzione a:
  • fattura in doppia lingua (italiano/tedesco o inglese)
  • packing list chiara, con pesi e quantità per collo
  • eventuali certificazioni richieste dal cliente (ISO, CE, IFS, ecc.)
  • rispetto delle normative tedesche su imballaggio, etichettatura, responsabilità ambientale

Vuoi farti spazio nel mercato tedesco?
Allora serve un piano chiaro, una comunicazione rigorosa, una proposta commerciale studiata bene.
Non basta mandare mail a freddo, serve una presenza costante, una rete commerciale ben costruita e un export manager che conosca la cultura e le dinamiche del mercato tedesco.

Conclusione
Esportare in Germania non è difficile, ma non si improvvisa, chi ci riesce, però, conquista un mercato solido, pagante e continuativo.
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Come importare articoli elettronici da paesi extra-UE - 2025

12/5/2025

 
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Importare componenti o prodotti elettronici da fuori Europa può rappresentare un vantaggio competitivo, ma solo se gestito con competenza, attenzione normativa e logistica ben pianificata.
La complessità tecnica del settore e la rigidità dei controlli doganali rendono indispensabile un approccio preciso, documentato e senza improvvisazioni.

​Cosa si intende per articoli elettronici?
  • schede PCB/PCBA (assemblate o no)
  • sensori, microprocessori, moduli wireless
  • alimentatori, inverter, trasformatori
  • dispositivi completi (es. centraline, sistemi di controllo, elettronica di consumo)
  • apparecchiature medicali, industriali, domotiche
  • articoli con cablaggi, connettori e plastiche integrate

I 5 passaggi fondamentali per importare elettronica da extra-UE:
1. Selezione del fornitore: qualità prima del prezzo
  • verifica della documentazione tecnica (datasheet, schemi, dichiarazioni di conformità)
  • ispezione remota o in presenza della produzione
  • gestione dei campioni (obbligatoria nel settore elettronico)
  • richieste chiare e testate: serve precisione già in fase di ordine

2. Documentazione obbligatoria
Per evitare blocchi alla dogana o respingimenti, devi avere:
  • fattura commerciale completa con descrizione tecnica precisa
  • packing list
  • certificato di origine (se utile per eventuali agevolazioni daziarie)
  • dichiarazione CE di conformità (per prodotti che rientrano nelle direttive europee)
  • documenti di trasporto (BL o AWB)
  • certificazioni specifiche: CE, RoHS, REACH, LVD, EMC, RED a seconda del tipo di prodotto

3. Codice doganale corretto (HS Code)
I prodotti elettronici hanno voci doganali complesse. Usare il codice sbagliato può comportare:
  • pagamento di dazi maggiorati
  • richiesta di certificazioni aggiuntive
  • controlli prolungati alla dogana
  • blocchi o sanzioni
Serve verificarlo prima dell’ordine, con un professionista.

4. Trasporto e incoterms
Generalmente le opzioni migliori sono:
  • DAP o DDP se vuoi semplificare la logistica
  • FOB o EXW se vuoi gestire tu trasporto e sdoganamento

5. Conformità CE: non basta appiccicare il logo
Molti articoli elettronici extra-UE arrivano con un falso o incompleto marchio CE. Il responsabile dell’immissione in commercio nell’UE sei tu: serve assicurarsi che il prodotto:
  • abbia una dichiarazione di conformità valida
  • sia stato testato da laboratorio notificato, se obbligatorio
  • rispetti le direttive LVD, EMC, RED, ecc. a seconda del caso

Errori da evitare
  • fidarsi della parola “compliant” senza vedere documentazione
  • importare prodotti già destinati ad altri mercati (es. USA, India)
  • usare incoterms che non ti tutelano (es. CIF con assicurazioni vaghe)
  • non verificare la lingua, la tensione o lo standard europeo del prodotto

Conclusione
L’elettronica è un settore delicato, regolato, tecnico.
Se importi da extra-UE senza competenze specifiche, rischi di sprecare tempo, denaro e subire blocchi doganali.
​
Vuoi importare articoli elettronici in sicurezza, con controllo sui costi e conformità normativa?
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Come importare dall’India nel 2025

12/5/2025

 
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Nel 2025 l’India si conferma uno dei partner commerciali più dinamici e strategici per le aziende italiane.
Con una manifattura sempre più competitiva e diversificata, una forte presenza nel settore farmaceutico, chimico, tessile, automotive, elettronico e dell’artigianato, importare dall’India può essere un’opportunità concreta per migliorare costi, qualità e innovazione di prodotto.
Ma, come ogni operazione internazionale, servono preparazione, metodo e sensibilità culturale.

Cosa si importa dall’India?
  • prodotti tessili, abbigliamento, cotone grezzo e lavorato
  • componenti meccanici, stampi, minuterie tornite
  • utensileria e attrezzature industriali
  • prodotti chimici e farmaceutici
  • alimentari (spezie, tè, riso basmati, legumi)
  • oggetti in legno, metallo, pietra, artigianato di alta qualità
  • packaging in carta e cartone
  • cosmetici naturali (olio di neem, henné, ayurveda)

Perché importare dall’India?
  • costi competitivi ma con un buon livello di qualità, specialmente nei settori industriali e artigianali
  • fornitori abituati all’export e spesso già in linea con i requisiti UE
  • buona conoscenza dell’inglese commerciale
  • ampia disponibilità di certificazioni tecniche (ISO, CE, GMP, ecc.)

La chiave è il fornitore giusto (e il controllo qualità)
Non basta trovare un’azienda online. È fondamentale:
  • verificare l’esistenza e la struttura reale del fornitore
  • richiedere campioni dettagliati e ben documentati
  • controllare certificazioni, registrazioni e capacità di consegna
  • effettuare controlli qualità pre-spedizione (magari con ispettori locali di fiducia)
Attenzione: l’India è grande, efficiente ma complessa. Non è il posto dove “fidarsi sulla parola”.
Meglio testare, validare e poi procedere su basi solide.

Aspetti culturali: come gestire la relazione commerciale
In India, la relazione personale è spesso più importante del contratto scritto.
Ecco alcuni consigli chiave:
  • pazienza e rispetto: gli indiani lavorano molto, ma i ritmi di comunicazione sono diversi dai nostri
  • precisione nei dettagli: descrivi in modo molto tecnico e chiaro quello che ti serve
  • chiedi, verifica, conferma tutto: non dare mai nulla per scontato
  • visite in loco: molto consigliate, sia per validare il fornitore che per costruire fiducia reciproca
  • non sottovalutare il follow-up: serve presenza costante, anche dopo l’ordine

Documentazione per importare dall’India
  • fattura commerciale dettagliata (con codici doganali corretti)
  • packing list e pesi netti/lordi
  • certificate of origin
  • bill of lading (via nave) o AWB (via aerea)
  • certificazioni CE o equivalenti, se il prodotto lo richiede
  • documentazione fitosanitaria o sanitaria, per alimenti, cosmetici e materiali organici
  • registrazioni REACH, per sostanze chimiche soggette a notifica UE

Logistica e dazi
L’India ha ottime connessioni via mare (es. da Mumbai, Chennai, Nhava Sheva) e costi competitivi, ma i tempi di transito possono essere lunghi (25-35 giorni via nave).
Va pianificato tutto con largo anticipo.
L’Italia e l’India non hanno un accordo di libero scambio attivo, quindi i dazi doganali variano in base al prodotto e vanno calcolati attentamente.

Conclusione
Importare dall’India è un’opportunità straordinaria per molte aziende italiane.
Ma è un’operazione che richiede professionalità, presenza, controllo e rispetto culturale.

Vuoi strutturare un progetto import serio dall’India e partire con il piede giusto?

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  • controllare qualità e documentazione
  • organizzare logistica e dogana
  • costruire una relazione commerciale duratura

Come importare dall’Africa nel 2025

12/5/2025

 
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​L’Africa è un continente meraviglioso, ricca di risorse naturali, cultura, vitalità imprenditoriale e relazioni umane profonde.

Nonostante troppe narrazioni ancora la raccontino solo come “emergente”, l’Africa è in realtà un mosaico di mercati attivi, con economie dinamiche e una domanda internazionale in crescita.

L’Italia ha storicamente forti legami con molti paesi africani, sia per vicinanza geografica che per rapporti di cooperazione, scambi commerciali e presenza della diaspora. Oggi più che mai, è il momento di rafforzare questi legami con progetti economici seri, rispettosi e ben strutturati.
Importare dall’Africa non è solo conveniente: è strategico, se fatto nel modo giusto.

Cosa si importa oggi dall’Africa?
  • materie prime: cacao, caffè, spezie, cotone, minerali
  • prodotti agricoli e trasformati: frutta tropicale, oli vegetali, conserve
  • tessili artigianali e industriali
  • oggetti d’arredo, ceramiche, metalli lavorati
  • cosmetici naturali (karité, argan, black soap, ecc.)

La sfida principale: trovare il fornitore giusto
Trovare un fornitore affidabile, certificato e professionale è la parte più delicata.
Non basta scambiarsi qualche mail e trattare sul prezzo. È fondamentale:
  • verificare la struttura reale dell’azienda (esiste? ha referenze?)
  • controllare documenti, certificazioni, conformità alle normative (es. HACCP, bio, ISO, etichettatura)
  • parlare con altri importatori, se possibile
  • testare piccoli lotti iniziali prima di firmare accordi strutturati
Meglio impiegare 3 mesi a selezionare bene, che piangere 3 anni per errori di valutazione.
In Africa, come ovunque, il rischio maggiore è prendere decisioni affrettate basandosi solo su prezzo e promessa.

Aspetti cross cultural: la trattativa va fatta guardandosi negli occhi
Uno degli elementi più importanti dell’import dall’Africa è il fattore umano.
La dimensione relazionale è centrale: le trattative serie si concludono di persona, stringendosi la mano e guardandosi negli occhi.
Non è folklore, è business: la fiducia si costruisce con la presenza.
In molte culture africane, il tempo ha una dimensione diversa: prima di chiudere un accordo serve conoscersi, prendersi il giusto spazio, capire se si può lavorare insieme.
Visite in loco, scambi culturali, apertura all’ascolto e rispetto dei valori locali fanno la differenza.
Se non sei disposto a salire su un aereo, forse non sei pronto per importare dall’Africa.

Documentazione e burocrazia
Importare da paesi africani richiede una gestione attenta della documentazione, soprattutto:
  • fattura commerciale dettagliata
  • packing list
  • certificato di origine
  • certificazioni sanitarie/fitosanitarie, ove richieste
  • autorizzazioni ministeriali (per alimenti, cosmetici, prodotti agricoli)
  • HS Code corretto per evitare errori in dogana
  • marcatura CE o equivalente, se il prodotto lo richiede
Spesso è utile lavorare con un agente doganale esperto in extra-UE che conosca le specificità africane.

Conclusione
Importare dall’Africa non è un’opzione da fare a cuor leggero, ma se lo fai con la testa, il cuore e una strategia chiara, può diventare un asse commerciale solido, profittevole e carico di valore umano.

Hai un progetto di import dall’Africa e vuoi essere certo di fare i passi giusti?
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Con rispetto, con metodo, con visione.

Cosa significa "saving" nell’import

12/5/2025

 
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​Quando si parla di importazioni e acquisti internazionali, uno dei termini più usati (e abusati) è saving, lo trovi scritto ovunque: saving sulla materia prima, saving sul trasporto, saving sulla logistica.

Ma cosa significa davvero “saving”? e soprattutto: come si ottiene davvero un saving concreto, sostenibile e non solo apparente?

Saving: definizione pratica
  • In inglese, “saving” significa risparmio.
  • In italiano tecnico-commerciale, si intende come:
    la riduzione di un costo, senza compromettere la qualità, l’affidabilità o la funzionalità del servizio o del prodotto.
Non è tagliare. È ottimizzare.

Ottimizzare i costi d’import: cosa vuol dire (sul serio)
Ottimizzare i costi legati all’import non significa cercare il fornitore più economico su Alibaba, significa mettere sotto controllo ogni voce di spesa legata alla tua filiera d’acquisto estera, e individuare:
  • dove spendi troppo
  • dove potresti risparmiare
  • dove hai costi nascosti che non avevi considerato
  • come migliorare le condizioni, senza perdere valore

Esempi reali di saving nell’import
  1. Cambio Incoterm da DDP a DAP
    Un cliente pagava spedizioni DDP con costi nascosti nelle fatture. Cambiando incoterm e gestendo direttamente la logistica, ha ottenuto un saving del 9,6% per spedizione.
  2. Consolidamento doganale
    Spedizioni singole e sdoganamenti multipli. Abbiamo consigliato un consolidamento mensile → saving del 17% sui costi di sdoganamento.
  3. Rinegoziazione dei trasporti
    Il fornitore estero si appoggiava a un corriere premium, con costi sproporzionati. Inserendo un trasportatore alternativo selezionato dal cliente → saving del 12% annuo.

Dove cercare saving, se importi:
  • trasporti internazionali: via mare, via aerea o groupage
  • assicurazione merci
  • imballaggio (packaging): se ti fai carico del costo
  • dogana e gestione documentale
  • pagamenti internazionali: valuta, tempistiche, condizioni
  • fornitori poco efficienti: il vero costo non è quanto ti chiedono, ma quanto ti fanno perdere in tempo, ritardi e gestione

E quando NON è saving?
  • Quando risparmi sul prezzo unitario ma aumentano i resi
  • Quando tagli i costi logistici e poi perdi settimane in dogana
  • Quando scegli un fornitore solo perché costa meno, e poi non risponde
  • Quando pensi di aver risparmiato… ma hai solo spostato i problemi

Conclusione
Saving è una parola importante, ma deve essere reale, misurabile e sostenibile.
Se vuoi capire dove puoi ottenere saving concreti sul tuo import, e come ottimizzare davvero ogni aspetto della catena acquisti internazionale...
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Come selezionare e gestire i fornitori esteri nel 2025

12/5/2025

 
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Una supply chain che funziona inizia dalla scelta dei fornitori giusti.
Nel mondo dell’import, non basta trovare un “fornitore economico”, serve selezionare un partner affidabile, negoziare in modo strategico e gestire la relazione nel tempo.

E questo, nel 2025, è ancora più vero, perché l’instabilità geopolitica e logistica non perdona gli errori.

I 3 errori più comuni nella gestione dei fornitori esteri
  1. Scegliere solo sul prezzo
    Se un fornitore è economico ma sbaglia le spedizioni, non risponde o cambia le condizioni... non è economico. È un problema.
  2. Negoziato debole o improvvisato
    Senza una base dati solida e benchmarking affidabile, si finisce per subire le condizioni del fornitore.
  3. Assenza di controllo post-ordine
    Nessun follow-up sulle scadenze, nessun KPI di qualità, nessuna penalizzazione prevista. è qui che si perdono efficienza e marginalità.

Leva 1: selezione tecnica + controllo referenze
Analizza le specifiche, richiedi documentazione reale (non solo cataloghi patinati), verifica la capacità produttiva e controlla referenze solide.

Leva 2: contratto commerciale chiaro
Stabilisci tutto: tempi, penali, resi, etichettature, documenti richiesti, standard di imballaggio. Evita l’approccio “lasciamo correre”.

Leva 3: gestione attiva della relazione
Stabilisci KPI, monitora i tempi di consegna, la % di difettosità, i ritardi doganali imputabili al fornitore.
Se serve, cambia. Il fornitore è un partner, non un favore.

Conclusione
La gestione dei fornitori esteri non è una funzione operativa,è una leva strategica di controllo per chi vuole importare meglio, a condizioni vantaggiose e con performance elevate.

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